Appena si varcano i confini della Val Grande, lembo disabitato stretto tra il lago Maggiore e la val Cannobina a est, la val Vigezzo a nord e la val d’Ossola a sud e a ovest, si ha subito l’impressione di entrare in un luogo senza tempo.
Milano dista solo 100 Km e Torino 150, eppure questo è un mondo a sé, tra i più selvaggi d’Italia, forse d’Europa.
Quando a metà del Novecento gli ultimi pastori abbandonarono l’alta valle, nessuno si rese conto con precisione di cosa stava per accadere.
In breve i segni della presenza umana furono inghiottiti dalla natura, che prese il sopravvento. Il reticolo di vie tracciato con fatica fu cancellato.
L’aspetto divenne così impervio che negli annu Settanta la zona fu dichiarata wilderness.
Dopo decenni di totale abbandono questo fortino di roccia e foresta si è aperto a una nuova vita grazie alla nascita del Parco Nazionale.
Oggi la leggenda dell’area inaccessibile è superata.
I sentieri principali sono stati resi sicuri, tuttavia il visitatore che giunge il Val Grande per la prima volta è ancora colpito dai silenzi assoluti e dalla natura rigogliosa.
il dedalo di creste ammantato di foreste e intervallato da canaloni incute timore già quando lo si vede dalle rive del Verbano.
Qualcuno, però, ha fatto notare che “la vera cima di queste montagne si trova a fondovalle.
Lì c’è l’anima autentica dei luoghi.

AMBIENTI DEL PARCO
Il Parco Nazionale della Val Grande è composto da picchi, vallette e balze scoscese, un paesaggio che stupisce per la sua primitiva bellezza.
E’ diffuso sul territorio di tredici comuni, ma i centri abitati principali si trovano tutti fuori dai suoi confini.
All’interno ci sono solo tre frazioni, Cicogna, Colloro, Genestredo e parte del centro storico di Vogogna.
Nucleo originario del Parco sono la Riserva naturale integrale del Pedum e la Riserva naturale orientata del Mottac, istituite nel 1971.
Altri gioielli alpini sono il Monte Togano, la cima della Laurasca, il monte Zeda e i Corni di Nibbio, una cresta dentellata che ha favorito l’isolamento della valle.
FLORA DEL PARCO
Grazie all’influenza termica del Lago Maggiore l’area offre una ricca vegetazione e una notevole varietà di fioriture.
Nella parte bassa prevalgono i boschi di latifoglie con una preponderanza di castagno.
Il faggio costiutisce, invece, la specie arborea più diffusa dell’alta Val Grande, dove si possono ammirare esemplari monumentali.
Più limitate sono le conifere, le cui specie principali sono l‘abete rosso e bianco.
Le forre, fra gli ambienti più pittoreschi del Parco, sono colonizzate da ontani, tigli e aceri.
Non mancano specie floricole rare, come aquilegia alpina, arnica montana, genziana lutea, campanula incia e tulipano alpino; quest’ultimo si rinviene vicino alle zone umide in quota.
FAUNA DEL PARCO
Camoscio e capriolo sono comuni, anche il cervo è in espansione.
Tra gli uccelli si menzionano aquila reale, falco pellegrino, gallo forcello, francolino di monte, gufo reale e picchio nero.
La Val Grande è nota per le numerose vipere, temute e a volte oggetto di racconti leggendari. Prediligendo ambienti poco frequentati dall’uomo e ricchi di nascondigli quali cespugli e cumuli di pietre, i rettili trovano nella aree più remote del Parco un habitat favorevole.

ALCUNE ESCURSIONI
- MIAZZINA – MOTTA D’AURELIO – RUGNO
Tempo: 2 ore;
Dislivello: 198 m;
Partenza: Miazzina. - TRAVERSATA CICOGNA – FINERO
Tempo: 8 ore;
Dislivello: 1104 m;
Partenza: Cicogna.
CAMPI WILDERNESS
Pensati per vivere un’esperienza nella wilderness – il termine inglese con cui si definisce la natura incontaminata – comprendono soggiorni naturalistici ed escursioni nell’alpeggio della Val Pogallo.
Durante il soggiorno vengono svolte gite giornaliere attorno all’alpe di Boit e attività di censimento di flora e fauna; inoltre, agli ospiti viene proposta una dieta vegetariana, vengono illustrati i metodi di valutazione dell’impatto ambientale e sono utilizzate solo fonti energetiche naturali.
I campi sono realizzati dalla società cooperativa Valgrande, Lipu ed Ente Parco.


I PRODOTTI DEL TERRITORIO
La sua carta di identità grastronomica è legata ai prodotti tipici alpini.
Ecco allora il pane nero di Còimo, il prosciutto crudo affumicato, la mortadella di fegato, la bresaola, il diffuso salame di capra, magari nella versione insaporita con il vin brulè, e il famoso Violino, un piccolo prosciutto sempre di capra che deve il nome alla sua forma.
E poi formaggi di malga come l’ossolano, oppure il pregiato grasso d’alpe.
Tra i dolci segnialiamo il pane dolce o cresenzin, e non mancano il miele e i distillati alle erbe, come il liquore di mirtillo o di genzianella.
C’è anche il vino, con il vitigno Prunet, frutto di una viticoltura estrema e difficile, la cui presenza in val d’Ossola risale al 1307.