LA VAL GENOVA E LE SUE CASCATE

TRENTINO, VAL GENOVA

«La Versailles dell’Italia settentrionale». Con queste parole, nel 1864, ha descritto la Val Genova l’alpinista e viaggiatore britannico Douglas Freshfield, profondo conoscitore delle Alpi e autore di esplorazioni e ascensioni sulle montagne dell’Africa e dell’Asia.
In quell’estate l’inglese, insieme alla guida francese François Dévouassoud, effettuò una lunga traversata per valli e vette dalla Val Canonica a Trento, compiendo tra l’altro la prima ascensione della Presanella.
A impressionarlo, oltre al ghiacciaio dell’Adamello («immaginate un enorme lenzuolo disteso sopra a un tavolo», scrisse), fu la Val Genova con le sue spettacolari cascate.
«È come una trincea profonda ottomila piedi tagliata tra le opposte masse dell’Adamello e della Presanella. È come una scala serpeggiante che conduce, mediante una successione di scalinate improvvise e di tratti pianeggianti dalla bassa Val Rendena alle cime che coronano l’Adamello», annota Freshfield.
Tra tutte lo emoziona la cascata di Nardis, «che balza giù dal cielo, vibrando, verso le nostre teste in una duplice colonna».
Anche oggi, un secolo e mezzo dopo le esplorazioni di Freshfield, la Val Genova è una delle mete più apprezzate e frequentate delle Alpi italiane.
Il solco, lungo una ventina di chilometri, si insinua tra i massicci dell’Adamello a sud, e della Presanella a nord.
A modellarlo nei millenni sono stati i giganteschi ghiacciai che scendevano dalle montagne vicine.

AD OGGI..

Sul fondo della valle corrono le acque del Sarca di Genova.
I torrenti che scendono dai ghiacciai danno vita alle cascate di Nardis (le più alte del Trentino) del Lares, di Casöl e di Folgorida.
Il Sarca di Genova forma gli spettacolari salti di Casina Muta, Stablèi, Pedrùc, Pont delle Cambiali e Mandròn.
In Val Genova, compresa nel Parco Adamello-Brenta, le acque corrono ancora libere, senza essere catturate da impianti idroelettrici.
Il suo nome non ha nulla a che fare con la Liguria, ma è l’italianizzazione di Zènua, che indica un territorio ricco di acque.
In estate, in Val Genova, il traffico è regolamentato. Il Parco ha segnato il sentiero delle Cascate, che corre sulla destra orografica del Sarca.
Il tratto più frequentato collega la cascata di Nardis con quella del Lares, l’intero percorso richiede 3.30 ore in salita e 3 in discesa.
Si possono utilizzare all’andata o al ritorno le navette per Malga Bedole e l’omonimo rifugio.

QUOTA: da 919 a 1641 metri;
DISLIVELLO: 720 metri;
TEMPO: 3.30 solo andata;
DIFFICOLTA’: E;
SEGNALETICA: gialla 1, bianco-rossa
QUANDO ANDARE: da giugno a settembre.

ITINERARIO

Da Carisolo si imbocca e si segue la strada asfaltata che percorre la Val Genova.
Il sentiero delle Cascate inizia dal Ponte Verde (919 metri), prima del quale vi sono dei vasti posteggi, e dove in estate funziona un Punto informativo del Parco.
I cartelli dell’area protetta portano a imboccare il sentiero (segnavia gialli, itinerario 1).
Un breve percorso nel bosco a poca distanza dalle acque spumeggianti del Sarca porta al cospetto delle cascate di Nardis, le più alte e fotografate della zona e dell’intero Trentino. In pochi minuti, dopo aver traversato il ponte e la strada, si raggiunge la base del salto, che offre un’immagine impressionante.
Si riparte con un tratto a saliscendi nel fitto bosco, si traversa il torrente che scende dalla cascata di Siniciaga, si lascia a sinistra il sentiero per le valli Siniciaga e Germenega, poi si continua quasi in piano fino allo sbocco della Valle di Lares, in vista della cascata omonima, la cui base (1250 metri, 1.30 ore) si raggiunge con un’altra breve deviazione.

RIFUGIO RAGADA – RIFUGIO STELLA ALPINA – RIFUGIO BEDOLE

Si riparte traversando il Ponte Maria, e poi affrontando un tratto abbastanza ripido del sentiero fino a Todesca (1293 metri). Lasciato a sinistra il sentiero sat per il lontano Passo delle Tonette, si ripassa sulla destra orografica, si tocca il rifugio Ragada, e si continua per prati, a poca distanza dal fiume, fino al rifugio Stella Alpina (1450 metri, 1 ora). Qui si affronta un nuovo tratto ripido salendo tra la strada e il fiume, si passano le cascate del Pedrùc, si attraversa il Sarca e si raggiunge la Malga Bedole.
Un’ultima breve salita, lungo la strada, che in questo tratto è sempre chiusa al traffico, porta al rifugio Bedole (1641 metri, 1 ora), che segna la logica conclusione della gita. Il rifugio è il punto di appoggio per un altro dei sentieri più classici del Trentino.
Quello, indicato dai segnavia sat 212, che sale ai 2449 metri del rifugio Città di Trento al Mandròn, presso il quale è in funzione il centro di studi glaciologici dedicato a Julius Payer, e prosegue verso la Vedretta del Mandròn, che gli alpinisti possono risalire in cordata verso il rifugio Lobbia Alta, il Pian di Neve e la lontana vetta dell’Adamello.
La discesa dal rifugio Bedole al Ponte Verde richiede 3 ore.
Consigliamo però di utilizzare i bus-navetta del Parco.