LAZIO
Poco a nord di Roma, tra la valle del Tevere e le colline vulcaniche che separano la via Flaminia dalla via Cassia, si alza una piccola montagna di grande interesse per chi cammina.
Autentica “isola” calcarea circondata dal tufo, il Monte Soratte culmina a 691 metri di quota, e offre uno straordinario panorama.
A ovest, oltre le alture intorno al lago di Bracciano, compare il Mar Tirreno.
Dall’altra parte, oltre il Tevere e i colli della Sabina, si alzano il Terminillo, i Monti Sabini e i Lucretili.
Nelle giornate più limpide compaiono il Velino e il Gran Sasso.
Quando la foschia non è eccessiva si intravedono i monumenti di Roma.
DESCRIZIONE
Luogo di culto dei Falisci, popolo di etnia italica e di cultura etrusca che viveva a ovest del Tevere, il Soratte al tempo di Roma antica ha visto sorgere un tempio di Apollo, che qualche secolo dopo è diventato una chiesa cristiana.
Sulla montagna, già frequentata da eremiti, si è rifugiato all’inizio del III secolo d.C. papa Silvestro, che sfuggì in questo modo alla persecuzione scatenata da Costantino prima della sua conversione.
Nel 747, nella piccola chiesa sulla cima, sostò in preghiera Carlomanno, re dei Franchi e padre di Carlo Magno.
L’ultimo episodio famoso della storia del Soratte risale al 1943-1944, quando nei tunnel scavati per ospitare Benito Mussolini e i suoi gerarchi si insedia il Comando Sud della Wehrmacht, agli ordini del feldmaresciallo Albert Kesselring.
ESCURSIONISMO
La vicinanza alla città fa del Soratte una classica meta di escursioni.
A partire dal 1997 (l’anno di nascita della Riserva naturale) la pulitura degli antichi tracciati ha reso le camminate più facili.
L’anello che descriviamo permette di immergersi nella macchia mediterranea della montagna, di percorrere la panoramica cresta sommitale, di visitare alcuni eremi e di tornare alla base traversando una suggestiva lecceta.
La giornata si completa con l’andata e ritorno verso i tre impressionanti pozzi carsici dei Meri, profondi rispettivamente 100, 65 e 35 metri, che offrono oggi come in passato delle impegnative avventure agli speleologi.
Le loro prime esplorazioni, compiute negli anni Venti del Novecento con corde e scalette di canapa, sono state delle straordinarie imprese.Il 12 maggio 1944, per colpire il comando tedesco, 136 fortezze volanti della us Air Force fanno tremare il Soratte e distruggono molte case della vicina Sant’Oreste.

QUOTA: da 180 a 691 metri;
DISLIVELLO: 570 metri;
TEMPO: 4 ore;
DIFFICOLTA’: E;
SEGNALETICA: binaco-rossa senza numero;
QUANDO ANDARE: tutto l’anno;
ITINERARIO
Il borgo medievale di Sant’Oreste si raggiunge dalla via Flaminia o dal casello di Ponzano Romano-Soratte della A1.
Si posteggia su largo Don De Carolis (417 metri). A piedi si sale al paese, si va a destra, si lascia la stradina che sale verso la vetta, e si va ancora a destra per una via a mezza costa che raggiunge uno slargo circondato da una staccionata.
È anche possibile posteggiare in questo punto.
Oltre un cancello di legno, si segue una strada sterrata fino a un teatro all’aperto realizzato in una cava.
Salendo a sinistra ci si può affacciare (attenzione!) sulla Grotta di Santa Lucia, profonda 47 metri. Tornati alla strada sterrata la si segue a mezza costa, toccando gli attrezzi di un “percorso vita”.
VERSO LA VETTA..
Da un bivio si sale a sinistra su un sentiero segnato (indicazioni per la Casaccia dei Ladri) che si alza nel bosco ed esce sulla cresta sommitale del Soratte. Verso destra, in pochi minuti, si sale ai ruderi della Casaccia dei Ladri (605 metri, 1 ora), meraviglioso belvedere.
Si ridiscende alla sella, si continua sul sentiero che sale nella fitta lecceta a destra del crinale, con belle aperture panoramiche verso i colli tra la Cassia e la Flaminia.
Dove la pendenza diminuisce si tocca il bizzarro Sasso di San Nonnoso, si raggiunge una sella e si sale a tornanti alla vetta (691 metri, 0.45 ore) e alla chiesa di San Silvestro, saltuariamente aperta.
PERCORSO DI RITORNO
Un viottolo porta al convento della Madonna delle Grazie (636 metri), raggiunto da una stradina e deturpato da antenne.
Lo si aggira a destra, e si scende su un terreno roccioso all’eremo di Sant’Antonio (610 metri), altro splendido balcone.
Il sentiero prosegue a mezza costa, riporta al crinale e scende tra i lecci fino a una stradina dal fondo in cemento.
Lungo questa, affacciandosi sulla Grotta di Santa Lucia, si torna a Sant’Oreste (1 ora). Da largo Don De Carolis, un tabellone della Riserva indica il sentiero per i Meri.
Lo si segue abbassandosi con dei gradini, traversando un roveto e raggiungendo una cappella e una stradina dal fondo in cemento.
Se il primo tratto è ostruito dalla vegetazione occorre risalire, raggiungere le ultime case del paese in direzione dell’Autostrada del Sole, e scendere sul viottolo fino alla cappella. Un cartello indica la prosecuzione del sentiero (segnavia rossi), che scende nel bosco e traversa una zona scoperta.
Dei tornanti portano alle staccionate che circondano gli imbocchi (200 metri) del Secondo e del Terzo Mero.
Una discesa accanto a un’altra staccionata (meglio passare a sinistra nel bosco) porta al Primo Mero (180 metri, 0.30 ore). Gli imbocchi delle voragini sono suggestivi, il terreno scivoloso impone la massima attenzione.
Non oltrepassare le staccionate! La risalita al paese richiede 0.45 ore.