Molti castelli abruzzesi, in seguito a forti terremoti e in conseguenza delle distruzioni causate da eventi bellici, furono trasformati o rifatti integralmente. Il castello di Celano in Abruzzo è uno dei più suggestivi di questa regione.
Antonio Todeschini Piccolomini, nipote di Pio II, ricevette la contea di Celano, dopo il matrimonio con Maria d’Aragona, figlia naturale del Re di Napoli Ferdinando I.
L’illustre coppia proseguì la costruzione avviata nel 1392 dai precedenti signori, i Berardi conti di Celano, e continuata verso la metà del quattrocento al tempo di Jacobella e Lionello Accrocciamuro.
Dal 1463 sosterrà i lavori nel castello di Celano, realizzando anche la loggia del piano nobile in tipico linguaggio rinascimentale. Antonio
mantenne gli elementi tardogotici e, in alcuni casi, continuò ad utilizzare un linguaggio di transizione.
STRUTTURA
Ai quattro lati del blocco centrale, a pianta quadrata, sulla sommità s’incuneano le quattro torri, perfettamente orientate verso i punti cardinali e svettanti dal marcapiano. Le torri cilindriche, appartenenti ad una cinta muraria oggi solo parzialmente riconoscibile perché quasi completamente occultata dalle costruzioni più moderne sorte lungo le pendici dell’altura, restano invece più decentrate. Da qui il panorama è notevole, la montagna dall’alto domina il bacino del Fucino con il grandissimo lago prosciugato e convertito in terreni agricoli.


TERREMOTO MARSICANO DEL 1915
La terra tremò la mattina del 13 gennaio del 1915 alle 7.53. La scossa, di magnitudo sette, ebbe
l’epicentro nella Piana del Fucino dove raggiunse l’11° grado della scala Mercalli; avvertita in
tutta l’Italia centrale, fu seguita nei mesi successivi da più di mille repliche.
Non solo Avezzano, ma tutti i paesi dell’area fucense, della Valle del Roveto e della media Valle
del Liri, subirono danni gravissimi contando circa 30.000 vittime e decine di migliaia di feriti
e senzatetto. La dimensione dell’immane catastrofe si comprende dai quotidiani dei giorni
successivi, che descrivono paesaggi desolati e le cronache dei salvataggi resi ancora più
difficoltosi dalla neve che cominciò a cadere due giorni dopo. Sebbene la scossa del 13 Gennaio
fosse stata avvertita anche a Roma, l’allarme non fu sufficiente ad avviare con rapidità i soccorsi,
condizionati dall’impreparazione della classe dirigente ad affrontare un’emergenza così grave.
Alla vigilia dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale, il terremoto fece vacillare
un assetto politico dagli equilibri molto precari. La guerra e la chiusura dei mercati stranieri
resero difficile l’approvvigionamento del legname necessario per la realizzazione dei ricoveri
provvisori, costringendo a una faticosa opera di recupero dalle macerie di materiali utili. Inoltre il
conflitto incideva sui trasporti e sulla disponibilità di manodopera per la ricostruzione. Il tragico
evento rappresenta uno dei terremoti più violenti che la storia sismica italiana ricordi e, insieme
al prosciugamento del lago Fucino, costituisce un evento emblematico che ha modificato la
geografia e condizionato la storia del territorio marsicano.


Anche il terremoto del 6 aprile 2009 ha causato lesioni, determinando l’inagibilità del Castello e la conseguente temporanea chiusura del museo. Successivamente nelle suggestive sale dell’ammezzato
è stata allestita la mostra Antiche Madonne d’Abruzzo, completata dall’altra mostra contemporaneamente allestita negli spazi espositivi del convento di San Francesco a Tagliacozzo, dedicata ai manufatti di età angioina.
Progressivamente anche altri spazi sono stati aperti al pubblico, a cominciare dalla straordinaria sezione archeologica con i capolavori della collezione Torlonia, emersi dalla bonifica del Fucino.
Oltre alla passeggiata lungo i bastioni, oggi è accessibile quasi l’intero primo piano nel quale si snodano alcune sezioni che ospitano le più prestigiose opere del Museo d’Arte Sacra della Marsica assieme a sculture, dipinti, affreschi e oggetti preziosi provenienti dal territorio e dal museo aquilano.