
Tra i protagonisti della fauna del Parco spicca il camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata). Grazie all’istituzione del Parco e ad un’attenta tutela, questo raro ungulato è stato salvato dall’estinzione.
Negli ultimi decenni la popolazione è aumentata in modo consistente, tanto da consentire, attraverso programmi di ricerca, la reintroduzione in altre aree protette dell’Appennino, da dove si era estinto in epoca storica.
 Il camoscio d’Abruzzo è un erbivoro, prevalentemente legato alle praterie di altitudine, ma in inverno, quando la neve è abbondante, scende a rifugiarsi nel bosco.
A maggio le femmine partoriscono un solo camoscetto.
Nel Parco è presente su gran parte dei massicci più alti, tra cui i monti della Camosciara, il Monte Meta, la catena delle Mainarde, il Monte Amaro, il Monte Marsicano e le montagne che circondano la Val Canneto.
Questi animali hanno un corpo su misura per la vita in alta quota, con enormi muscoli e unghie robuste per saltare tra le rocce.
Il camoscio non è un animale pericoloso, ma in quanto selvatico ha paura dell’uomo e fugge se si sente minacciato emettendo un tipico fischio di avvertimento.
È sempre consigliabile non avvicinarlo (cosa peraltro molto difficile).
Nel Parco Nazionale d’Abruzzo esistono aree faunistiche dov’è possibile osservarlo in semilibertà all’interno di zone recintate, che hanno sia funzione scientifica che un ruolo educativo.
AREA FAUNISTICA DEL CAMOSCIO
Nei pressi del Comune di Farindola sono presenti le indicazioni per l’Area Faunistica del Camoscio d’Abruzzo, interamente compresa nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
In questa zona fino all’Ottocento proliferava il camoscio, poi scomparso e reintrodotto grazie al lavoro e alla tenacia di Legambiente e dell’Ente Parco.
Nell’area sono presenti le classiche attività di educazione ambientale con visite guidate e attività mirate per i bambini.