L’altopiano della Sila, in Calabria è un patrimonio di grande valore ambientale e culturale. Una diversità di paesaggi di tipo montano, collinare e pianeggiante ne evidenziano la sua importanza naturalistica.
Boschi fittissimi e borghi autentici come Bocchigliero si alternano a verdi pascoli circondati da fiumi e laghi.
Questo straordinario percorso ambientale ospita al suo interno un’importante riserva naturale biogenetica: la Riserva Naturale Macchia della Giumenta – S.Salvatore, ricca di faggio, pioppo, tremolo e pino laricio.
BOCCHIGLIERO
Questa riserva ci porta fino a Bocchigliero, una località rurale alle pendici della Sila, un paese dalle origini antichissime circondato dalle montagne.
Si apre con uno sguardo verso l’azzurro del mare Ionio.
Il centro urbano conserva ancora la struttura tipica delle abitazioni medievali con case addossate e strette viuzze che ne favorivano la difesa.
La sua comunità custodisce usanze e pratiche davvero singolari legati alla vita quotidiana di un popolo di pastori e agricoltori.
Fino agli anni quaranta tutto il territorio era coltivato e questo garantiva una sussistenza dignitosa ai suoi abitanti che erano fieri della loro indipendenza economica.
Purtroppo anche in questo borgo, come quasi in tutti i paesi del sud, inizia l’abbandono della terra e dunque di tutte quelle colture tipiche del luogo.
L’emigrazione diviene inevitabile per ragioni di lavoro e il paese incomincia a spopolarsi, degli oltre quattromila abitanti oggi ne sono rimasti appena 1.400.
I terreni rimangono incolti e la natura non più curata dall’uomo invade percorsi divenuti quasi inaccessibili.
Le vecchie strade mulattiere e gli antichi sentieri sono stati in parte cancellati e i giovani, su indicazioni degli anziani del paese, si avventurano per ritrovare un rapporto intimo con questa natura selvaggia.

A Bocchigliero l’inverno è molto freddo con abbondanti nevicate.
Gli abitanti faticano non poco in questa stagione rimanendo a volte isolati per giorni.
La coltre bianca trasforma il paesaggio e una quiete irreale avvolge i suoni del bosco rendendo tutto un pò magico.
La primavera ritorna poi con tutta la sua forza e la natura riesce ancora a sorprendere.
Le splendide fioriture e il verde di pascoli e dei boschi circostanti offrono incantevoli paesaggi. Spinti dalla necessità , i contadini del luogo si sono ingegnati per trasportare i latticini freschi in città o al mare salvaguardando il prodotto.
Un’economia agricola insieme a quella pastorale le cui radici ancora oggi persistono e a cui le nuove generazioni si stanno riavvicinando per valorizzare i prodotti tipici del luogo.
Un tempo qui ogni famiglia coltivava la vigna grazie ad un terreno vocato, a un microclima ideale e una tradizione radicata.
Si produceva un ottimo vino di qualità che veniva esportato fino alla Corte di Napoli.
Sono rimaste poche vigne, gli impianti ormai vecchi producono sempre meno uva sufficiente a soddisfare solo un piccolo fabbisogno familiare.
Un sistema per salvaguardarli, utilizzato da alcune famiglie, è il cosiddetto sistema per propaggine.
DUPLICAZIONE PER PROPAGGINE
Questa tecnica consiste nell’interrare un tralcio alla profondità di circa 30 centimetri e a distanza di 60 centimetri più o meno.
La pianta madre attraverso il tralcio e quindi la linfa nutre i germogli che sono sottoterra, che a loro volta producono le radici. Dopo circa due anni il tralcio viene tagliato e la nuova pianta è autonoma per crescere e quindi continuare la produzione.
La cura della vigna necessita di molti accorgimenti per arrivare ad avere un buon raccolto.
Per proteggere l’uva dal caldo estivo si coprono i grappoli con erbe o felci come si faceva un tempo.
LA VENDEMMIA
Dopo un anno di lavoro arriva il momento tanto atteso della vendemmia.
I grappoli vengono accuratamente selezionati, si eliminano i chicchi acerbi o secchi e si presta attenzione a non sprecare quelli buoni caduti a terra.
La vendemmia rimane sempre una festa, dopo aver condiviso la fatica si condivide anche dell’ottimo cielo in allegria.
Alla fine della giornata si porta a casa il prezioso raccolto e si procede alla pigiatura dell’uva.
Il vino si lascia a fermentare prima di essere messo nelle botti dove resterà per tutto l’inverno. Un tempo, grazie all’abbondante produzione di vino, a Bocchigliero vi erano molti maestri bottai che costruivano ottime botti di rovere castagno.
PRODOTTI DEL TERRITORIO
In questo territorio viene prodotto uno dei formaggi più antichi, il caciocavallo silano, prodotto con il latte di vacche podoliche.
Dalla stessa pasta si ricava il butirro. Nei tempi passati questo particolare contenitore nasceva dall’esigenza di conservare il burro più a lungo possibile e di poterlo facilmente trasportare durante la transumanza.
Veniva impiegato come merce di scambio. Si produce tradizionalmente durante la primavera e l’estate quando gli animali sono in alpeggio.
Il burro così lavorato e confezionato si mantiene inalterato fino alla fine dell’estate quando le mandrie ridiscendono a valle.
Un altro modo di utilizzare il formaggio come contenitore è stato quello usato dai nostri migranti costretti ad andare all’estero per cercare lavoro.
Non potendo trasportare direttamente il salame perché proibito avevano escogitato di incorporarlo all’interno del caciocavallo.
Il territorio di Bocchigliero è ricco di acqua, elemento prezioso per l’agricoltura.
L’acqua che sgorga ai piedi delle montagne viene raccolta incanalata per la coltivazione degli orti estivi.
Questo ha consentito di recuperare diversi tipi di colture come una particolare varietà di fagioli che stava scomparendo o i pomodori e le patate valorizzando così la produzione locale.
Così i prodotti che oggi si possono vendere in paesi o nelle vicinanze hanno naturalmente un costo ridotto e sono più freschi e genuini.
Una produzione agricola a km zero che ne consente un consumo eco sostenibile.
A Bocchigliero è ancora possibile gustare sapori unici e quasi dimenticati.
Un ‘altra pianta tipica della vegetazione mediterranea, oramai rara da trovare perché in estinzione, sono i carciofi selvatici.
Crescono nei terreni incolti e le spine di cui sono provvisti sia la pianta che il frutto ne rendono difficile la raccolta.
I pastori nelle lunghe e calde giornate estive trascorse fuori con il gregge, se sprovvisti di acqua li mangiavano per non sentire la sede.
Un sapore più intenso ed una consistenza molto più tenera rispetto al carciofo comune ne fanno una prelibatezza unica.
Si custodiscono così sapori unici di questi luoghi.
Tradizioni agricole e pastorali che nella loro semplicità ci insegnano ancora una volta come salvaguardare l’ambiente e il buon vivere.