Dopo qualche decennio di utilizzo scriteriato di concimi chimici, siamo tornati all’uso di metodi naturali, biologici ed ecologici. Di seguito sono elencati alcuni metodi per arricchire e concimare il terreno.
IL LETAME
Il letame, o stallatico, è composto dalla lettiera, paglia o materiale simile, e dalle deiezioni del bestiame.
Il letame, per diventare concime, ha bisogno di un periodo di “maturazione” durante il quale la microflora batterica e fungina lo trasformano in nutrimento per le piante.
Generalmente, per ottenere un buon concime, è necessario che lo stallatico rimanga nella concimaia, ben pressato e ricoperto di terra, per almeno un anno.
Esistono diversi tipi di letame: quello bovino contiene mediamente il 35% almeno di azoto, l’1,5% di acido fosforico e il 3,5% di potassio, oltre ad altre sostanze necessarie alla crescita delle piante.
La pollina, ossia il letame ricavato dai polli, si usa sempre matura e asciutta, ma sono sufficienti quattro mesi di maturazione.
Ci sono anche concimi a base di letame di coniglio e di colombo che vanno aggiunti sempre con moderazione e miscelati a torba, cenere o terra secca durante la maturazione per non bruciare le radici delle piante.
Lo stallatico di cavallo è il più adatto a terreni argillosi, ma è anche il più costoso e contiene il doppio degli elementi fertilizzanti rispetto al letame bovino.
Il letame si usa per concimare in profondità il terreno prima della semina o sul terreno coltivato per evitare che la pioggia orti via dal terreno i nutrienti indispensabili alle piante.

IL COMPSOT, UN ALTRO METODO PER CONCIMARE
Il compost casalingo è un metodo che permette di ottenere dalla decomposizione dei rifiuti organici un terriccio ottimo per concimare il vostro giardino o il vostro orto.
Ottimo perché ecologico, biologico e permette di utilizzare scarti che invece finirebbero nella spazzatura.
Un buon compost non è difficile da preparare, basta seguire pochi, fondamentali consigli e, ovviamente, avere lo spazio necessario per produrlo.
Per prima cosa procuratevi un contenitore per rifiuti in plastica o una bacinella grande e molto profonda, un sacchetto di bentonite (utile per assorbire l’umidità in eccesso), una balla di torba, una scatoletta di attivatore per compost oppure del letame, infine, coltello e tritatutto.
Che cosa si utilizza nel compost? Praticamente tutto: bucce di verdura, di formaggio, cibi cotti, avanzi di pasta, riso, patate, fondi di caffè, bustine di tè ecc..
Anche gli sfalci e le ramaglie prodotti durante i lavori di giardinaggio si possono inserire nel compost.
Vanno esclusi invece salumi, carne, pesce, bucce di agrumi, frutta e verdure ammuffite ecc.
Tritate accuratamente gli scarti e riempite il contenitore con uno strato di 5 cm circa, coprite con uno strato di torba equivalente, un pugno di bentonite e un pugno di letame per attivare la maturazione.
Mescolate con un bastone in legno, pressate leggermente il tutto e ponete il recipiente in un luogo riparato, dove la temperature non scenda sotto i 15°.
Dopo una settimana aggiungete pane, pasta, riso ecc.
Ogni tanto mescolate il compost, almeno ogni due giorni, perché sia sempre ben areato.
Dopo alcune settimane il compost sarà pronto.
Un compost maturo si riconosce dal colore scuro, dall’aspetto soffice e dal profumo gradevole di terriccio di bosco che ha soppiantato completamente il cattivo odore dei rifiuti.
Chi dispone di un orto piccolo ne otterrà a sufficienza con un contenitore medio-grande.
Per gli orti molto estesi il consiglio è quello di dedicarne una piccola parte alla produzione di compost: il processo avverrà formando un cumulo che andrà rigirato e annaffiato per agevolare la fermentazione.
CONCIMARE CON IL SOVESCIO
Il sovescio è un metodo di fertilizzazione e arricchimento del terreno che consiste nella coltivazione di piante erbacee di breve durata (erbaio) al fine di interrarne la parte verde per fertilizzare la coltura successiva o il frutteto dove sono state seminate le erbe.
Se, per esempio, si interrano piante di leguminose, il terreno si arricchisce particolarmente di azoto.
Il sovescio, o concime verde, si ottiene anche dalla semina di graminace, crucifere e altre specie erbacee.
Il terreno ottiene immensi benefici da questa tecnica, senza trascurare il fatto che si tratta di una pratica naturale ed ecologica.
Il primo vantaggio è che le radici dell’erbaio si estendono notevolmente verso il baso, muovendo la terra, rendendola più porosa e capace di trattenere l’acqua.
Inoltre il sovescio si applica ai terreni in un periodo in cui non sono coltivati, tra un raccolto e una semina successiva, quindi è utile per proteggere il terreno dall’erosione, da un’eccessiva mineralizzazione dell’humus e dallo sviluppo di erbe infestanti.
Il sovescio è utile per preparare l’orto o un terreno incolto per la semina o anche prima di una coltura importante per arricchire il terreno.
Infine, è un metodo efficace nella lotta ai parassiti delle rotazioni.
Per esempio, si possono coltivare crucifere resistenti ai nematodi radicali, come alcune varietà di rafano, prima di seminare la barbabietola da zucchero.
Il trifoglio bianco è una pianta eccellente per il sovescio in un orto di piccole dimensioni.
Come altre leguminose fissa l’azoto dell’aria, è adatto a vari tipi di terreno e le radici si sviluppano soprattutto in superficie, ossia dove si svilupperanno maggiormente le radici degli ortaggi.
Come se non bastasse, i semi di trifoglio si trovano facilmente in commercio a prezzi modici, i suoi stoloni coprono il terreno e lo rendono meno permeabile in caso di acquazzoni, inoltre si interra facilmente.
Da sottolineare che alcune piante da sovescio sono adatte a combattere parassiti come i nematodi e i funghi.
CONCIMARE CON LA PACCIAMATURA
La pacciamatura è una tecnica che, oltre a concimare la terra, si applica per mantenere in salute la pianta, nutrirla ed evitare che altre piante le crescano vicino sottraendole nutrimento.
Si realizza copiando ciò che avviene in natura, coprendo alla base ortaggi e alberi da frutto con materiale vegetale, unito ad altri tipi di materiali inorganici.
La pacciamatura è una tecnica antica ispirata dall’osservazione delle foglie degli alberi che, dopo essere cadute, si accumulano al piede della pianta stessa.
Perché, ancora oggi, pacciamare è necessario?
Innanzitutto perché si tratta di un metodo completamente sano, pulito ed ecologico per:
– tenere sotto controllo le erbe infestanti;
– proteggere germogli e bulbi dal gelo;
– mantenere costante l’umidità ;
– migliorare la consistenza del terreno e concimarlo, se si usa del pacciame a base di vegetali.
Ma non solo, perché con la pacciamatura potrete ottenere anche:
– una notevole diminuzione delle erbacce;
– la protezione delle radici dagli sbalzi di temperatura, quindi piantine più forti e sane;
– il mantenimento dell’umidità al piede con conseguente prevenzione di infestazioni da acari;
– un ottimo nido per insetti utili come le coccinelle.
PACCIAMATURA IN PRATICA
Come avrete già intuito, esistono due tipi diversi di pacciame: quello inorganico e quello organico.
Il primo si ottiene miscelando tra loro ghiaia, argilla espansa, conchiglie, fogli di pvc ecc.., insomma il cosiddetto materiale inerte.
Il secondo invece si compone di foglie, cortecce, compost, rametti sminuzzati, trucioli, letame maturo e torba, ossia materiali vegetali arricchiti con compost.
Il tipo migliore per l’orto, sia in terra sia in vaso, è certamente il secondo perché il pacciame organico migliora la composizione del terreno, lo nutre e lo isola dal freddo e dal caldo.
Una sola, importante, precauzione: verificate che dopo qualche mese non si sia formato del marciume che danneggerebbe irrimediabilmente la nuove colture.
In tal caso, procedete eliminando completamente il vecchio pacciame e sostituitelo con quello nuovo.
Prima di distribuire il pacciame, la terra va lavorata e resa soffice e poi si procede con la pacciamatura, disponendo uno strato di 4-5 cm di materiale.
Ricordate che la pacciamatura mantiene l’umidità , quindi annaffiate meno abbondantemente le piante.
Per il terrazzo, si possono acquistare tipi di pacciame già pronto reperibile nei centri di giardinaggio: sono composti da aghi e corteccia di pino o anche da foglie e rametti di castagno e di faggio.
Attenzione però, perché tendono ad acidificare il terreno.